1950, 1951, 1952 Buick Roadmaster

“Valve-in-head, avanti nel valore”. Il tradizionale slogan della Buick veniva ancora propagandato per quanto riguarda la Buick Roadmaster del 1950-1952, anche se il resto dell’industria (guidata dalle anime gemelle Cadillac e Oldsmobile) stava finalmente giungendo alla conclusione che le valvole in testa avrebbero sostituito quelle laterali. Eppure, fino al 1947, Chevrolet, Buick e Nash erano stati gli unici grandi produttori americani a sposare il motore a valvole in testa. Entro la metà degli anni Sessanta, tutti lo avrebbero usato.

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“Roadmaster” — che nome meraviglioso per una macchina! Era emerso durante il 1936 e sarebbe durato fino a quando fu stupidamente rimosso per il 1959. Era il termine perfetto per il top della linea Buick, un’auto che rasentava il territorio dei prezzi delle Cadillac, il trasporto preferito per i professionisti in ascesa – il dottore, l’avvocato e chiunque altro non potesse permettersi una Caddy.

Buick si rivolgeva a questa clientela con uno stile appariscente – di gran lunga il più appariscente delle divisioni GM – più il lusso e una serie di nuove idee di design: la famosa griglia pop-art, l’ornamento del cofano a mirino, l’hardtop convertibile, lo sweepspear e l’oblò. Le ultime tre arrivarono tutte nel 1949, quando le vendite della Buick aumentarono del 50% e raddoppiarono nel 1950. In quell’era da tempo perduta, questo era il tipo di auto che l’America voleva – e comprava.

In un’epoca in cui il cambio annuale del modello era un atto di fede, il capo progettista Buick Ned Nickles rispose nel modo ordinato aggiungendo il cromo, e le Buick dei primi anni Cinquanta non erano così puramente belle come la ’49 di Ned, il primo design completamente nuovo del dopoguerra. La griglia a denti di bue si estendeva oltre il paraurti nel 1950, ma questo era troppo strano anche per i Buickfolk (ma molto ambito oggi), e prontamente si ritirò nel 1951.

Ogni resoconto della Buick in quei giorni cita invariabilmente l’origine dell’oblò, che — variamente piegato, schiacciato, allungato, cancellato e restaurato di nuovo — è stato parte della tradizione stilistica Buick dal ’49. Faceva parte di quel lessico progettuale, che prendeva ispirazione dal meraviglioso nuovo velivolo Jot (la forma di base della Buick si era evoluta dal Lockheed P-38 ad elica), insieme alla “fusoliera” arrotondata dei lati della carrozzeria, alle grandi griglie a scoop e alle alette di coda simili ad alettoni. (Le prime “pinne” della Buick arrivarono nel 1952, ben prima di Virgil Exner e della Chrysler.) Quando Nickles montò capricciosamente delle piccole luci colorate all’interno degli oblò della sua Roadmaster, cablate attraverso lo spinterogeno per lampeggiare in ordine di accensione, i manager di Flint lo guardarono con occhi spalancati in aperta ammirazione; la meraviglia è che non lo resero standard.

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