Un quinto cranio di ominino (cranio D4500 e mandibola D2600) da Dmanisi è costruito in modo massiccio, con una grande faccia e un cervello molto piccolo. I tratti documentati per la prima volta in un membro basale del clade Homo includono l’unico basso rapporto tra il volume endocranico e la larghezza del cranio di base, l’altezza ridotta del vertice, il profilo angolare della volta, il davanzale nasale liscio accoppiato con un clivus mascellare lungo e inclinato, il palato allungato e il corpo mandibolare alto. Il clivus convesso e la sinfisi rientrante del cranio 5 producono una forma simile al muso dell’Australopithecus afarensis. Mentre il cranio di Dmanisi è molto robusto, differendo da OH 13, OH 24, e KNM-ER 1813, assomiglia agli esemplari di Homo habilis per il profilo “squadrato” della sua mascella in vista del viso, il solco mascellare, l’arco zigomatico arrotondato e rientrante, e il pilastro zigomaticoalveolare flesso. Questi caratteri distinguono il primo Homo dalle specie di Australopithecus e Paranthropus. Il cranio 5 è diverso dal cranio di Homo rudolfensis KNM-ER 1470. Sebbene appaia generalmente primitivo, il cranio 5 possiede un toro sovraorbitario a barra, una squama temporale allungata, un toro trasversale occipitale e tratti petrotimpanici considerati derivati per Homo erectus. Come gruppo, le cranie e le mandibole Dmanisi mostrano una sostanziale variazione anatomica e metrica. Una domanda chiave è se i fossili documentano la crescita legata all’età e il dimorfismo sessuale all’interno di una singola popolazione, o se due (o più) taxa distinti possono essere presenti nel sito. Usiamo il coefficiente di variazione per confrontare Dmanisi con Paranthropus boisei, H. erectus, e il recente Homo sapiens, trovando pochi segnali che il campione Dmanisi è eccessivamente variabile rispetto a questi taxa di riferimento. Utilizzando le misure del cranio e l’analisi delle componenti principali, esploriamo la proposta che i crani di Dmanisi possano essere raggruppati all’interno di un ipodigma regionalmente diverso per H. erectus. I nostri risultati forniscono solo un debole supporto a questa ipotesi. Infine, consideriamo tutte le prove morfologiche e paleobiologiche disponibili nel tentativo di chiarire il rapporto fletico di Dmanisi alle specie di Homo in evoluzione >da 2,0 a 1,0 Ma.
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