Frontiers in Psychology

Introduzione

La capacità di individuare e discriminare gli esseri sociali dagli oggetti inanimati è di fondamentale importanza per sopravvivere. Tra gli altri spunti sociali presenti nell’ambiente, i volti sono probabilmente i più importanti per noi esseri umani, poiché trasmettono informazioni sociali rilevanti, come identità, età, sesso, emozioni. Gli esseri umani sono esperti nell’elaborazione dei volti, e l’evidenza di studi comportamentali, di lesioni cerebrali e di neuroimaging suggerisce che, negli adulti, l’elaborazione dei volti coinvolge specifiche strategie di elaborazione dei volti (cioè la specializzazione funzionale, Farah et al., 2000) eseguite da aree cerebrali dedicate (cioè la specializzazione strutturale o neurale, Allison et al., 2000; Kanwisher, 2000, 2010). Insieme, questi risultati supportano l’ipotesi che il cervello adulto è dotato di un circuito neurale specializzato per l’elaborazione preferenziale dei volti (Haxby et al., 2002; Haxby e Gobbini, 2011).

Per quanto riguarda la specializzazione neurale, secondo i modelli proposti da Haxby (Haxby et al., 2000; Haxby e Gobbini, 2011), l’elaborazione dei volti nell’uomo recluta un sistema neurale complesso e distribuito composto da più regioni. Questo sistema è formato da un “sistema centrale” e da un “sistema esteso” che lavorano di concerto. Il sistema centrale comprende tre regioni funzionalmente distinte della corteccia extrastriata in entrambi gli emisferi: la regione occipitale inferiore, che contribuisce alla fase iniziale della percezione dei volti, fornisce input sia al giro fusiforme laterale (compresa l’area fusiforme del volto, FFA) per l’elaborazione delle caratteristiche invarianti dei volti, sia al solco temporale superiore (STS) per l’elaborazione degli aspetti variabili. Gli autori hanno suggerito che, per analizzare tutte le informazioni incorporate in un volto, è necessario postulare interconnessioni reciproche tra il sistema centrale e il sistema esteso, che comprende strutture cerebrali responsabili di altre funzioni cognitive (cioè, campi oculari frontali, sulcus intra-parietale, amigdala). Questa rete neurale distribuita mappa, a livello funzionale, il modello cognitivo di elaborazione del volto proposto da Bruce e Young (1986). Questo modello ha suggerito che l’elaborazione dei volti si divide in due diversi processi: la rilevazione dei volti, che implica la capacità di percepire che un certo stimolo visivo è un volto, e il riconoscimento dei volti, cioè la capacità di riconoscere se un volto è familiare (ad es, già visto prima) o meno e, successivamente, di identificare l’identità di un volto specifico.

Per quanto riguarda la specializzazione funzionale, l’evidenza degli studi sugli adulti ha dimostrato che i volti sono speciali e vengono elaborati in modo più olistico o configurale rispetto agli oggetti (Tanaka e Farah, 1993; Farah et al., 1998; ma vedi anche Robbins e McKone, 2007). Per riconoscere i volti, impieghiamo diverse strategie che richiedono di elaborare diverse informazioni: la forma delle singole caratteristiche facciali (cioè, informazioni featurali), lo spazio tra le caratteristiche facciali interne (cioè, informazioni configurali di secondo ordine) e la struttura globale del volto (cioè, informazioni olistiche; Maurer et al., 2002; Piepers e Robbins, 2012). L’effetto di inversione, l’effetto volto composito e l’effetto parte-intero corroborano la nozione di strategie specifiche nell’elaborazione del volto rispetto alle strategie adottate per elaborare altri oggetti.

L'”effetto di inversione del volto” (FIE) si riferisce a disturbi nell’elaborazione delle informazioni configurali dai volti invertiti rispetto ad altre classi di oggetti (Rossion e Gauthier, 2002; per una revisione, Yin, 1969). Questo effetto è stato considerato come il marker più critico per l’elaborazione configurale delle facce negli adulti, anche se alcuni autori ipotizzano che l’effetto di inversione sia un marker per la capacità degli adulti di elaborare e riconoscere sia l’informazione configurale che quella fatterale incorporata nelle facce. Infatti, alcune prove sono state fondate sul fatto che l’inversione di un volto influisce sulla capacità di elaborare le informazioni sia configurali che funzionali (Rhodes et al., 1993; Malcolm et al., 2004; Riesenhuber et al., 2004; Yovel e Kanwisher, 2004).

L'”effetto volto composito” si riferisce al fenomeno per cui il riconoscimento delle due metà di volti diversi è più difficile quando essi sono allineati orizzontalmente rispetto a quando sono disallineati. Solo nella condizione allineata, le due metà creano l’illusione di un volto nuovo e quindi gli adulti lo elaborano in modo olistico. Per questo motivo, questo effetto è considerato un marker per l’elaborazione olistica dei volti (Young et al., 1987; Hole, 1994; Rossion, 2013), così come “l’effetto parte-intero” in cui i soggetti dimostrano di essere più precisi nel riconoscere l’identità di una caratteristica del volto quando è incorporata nel volto intero (Maurer et al., 2002).

A prima vista, l’esistenza di specifiche aree cerebrali e di specifiche strategie per l’elaborazione dei volti si adatta bene all’idea che siano prodotti della selezione naturale a causa del loro valore di sopravvivenza. Per questo motivo, si ipotizza che siano dominio-specifiche e probabilmente innate (McKone et al., 2006; Wilmer et al., 2010; Zhu et al., 2010). In alternativa, come suggerisce l’ipotesi esperienza-dipendente, l’esistenza di regioni specializzate per l’elaborazione dei volti potrebbe essere il risultato della vasta esperienza con questa categoria di stimoli visivi durante la vita (Gauthier et al., 1999; Tarr e Gauthier, 2000; Bukach et al., 2006). All’interno di questo dibattito aperto, un approccio evolutivo diventa critico per rispondere alla domanda sull’origine della specializzazione dei volti e se la specializzazione funzionale e strutturale per l’elaborazione dei volti, riscontrata negli adulti, sia presente fin dalla nascita o sia il prodotto di una specializzazione progressiva attribuibile all’esperienza visiva.

Alcuni dati sembrano contraddire l’ipotesi di una specializzazione tardiva e progressiva per l’elaborazione dei volti, perché le prove disponibili, provenienti sia da esseri umani che non umani, dimostrano predisposizioni precoci ad orientarsi ai volti e rendono incerta l’ipotesi di una specializzazione tardiva. In effetti, i neonati di 2 giorni, nonostante la loro mancanza di esperienza, si orientano preferenzialmente verso le configurazioni facciali o simili alle facce piuttosto che verso altri stimoli non facciali, altrettanto complessi (Goren et al., 1975; Morton e Johnson, 1991; Valenza et al., 1996; Macchi Cassia et al., 2004). I pulcini appena nati frequentano modelli simili alla regione della testa di chi li accudisce (Rosa Salva et al., 2011). Allo stesso modo, le scimmie neonate, senza alcuna esperienza visiva con i volti, manifestano una preferenza per i volti rispetto agli oggetti (Sugita, 2008).

Alla luce delle prove di cui sopra nel presente documento i risultati empirici saranno rivisti sui meccanismi che sostengono la preferenza per i volti (cioè, rilevamento dei volti) e il riconoscimento dei volti alla nascita e sulla progressiva specializzazione strutturale e funzionale del sistema ai volti durante lo sviluppo.

Meccanismi generali o specifici alla base della preferenza dei volti alla nascita?

Diverse interpretazioni sono state proposte per rendere conto della preferenza facciale dei neonati umani, in termini sia di meccanismi dominio-specifici che di meccanismi dominio-generali che la sottendono.

Johnson e Morton (1991) hanno proposto un modello a due processi di elaborazione dei volti, più recentemente aggiornato (Johnson, 2005; Johnson et al, 2015), che ipotizza che i neonati possiedano un primo meccanismo sottocorticale specifico per i volti, chiamato Conspec, per rilevare i volti, selettivamente sintonizzato sulla geometria di un volto, e un secondo meccanismo corticale pertinente al dominio, chiamato Conlearn, che arriva a specializzarsi nel riconoscimento dei volti. Il meccanismo sottocorticale guida quello corticale ad acquisire informazioni sui volti. In questo modello, il riconoscimento dei volti alla nascita è dovuto a Conspec, il meccanismo sensibile ai volti adattato alla percezione dei conspecifici (Johnson e Morton, 1991), successivamente definito come un rivelatore subcorticale a bassa frequenza spaziale (LSF) specifico per i volti, fornito da una pressione evolutiva attiva durante tutto l’arco della vita (Tomalski et al., 2009). Questo rivelatore sottocorticale guiderebbe le aree corticali che, più tardi durante lo sviluppo, costituiranno la rete facciale. La specializzazione dei circuiti corticali dei volti emergerebbe dall’interazione tra il meccanismo sottocorticale che orienta l’attenzione visiva dei neonati verso i volti e l’esperienza con i volti. È importante notare che un recente studio di neuroimaging su neonati ha corroborato l’idea che anche la corteccia visiva contribuisca in parte allo sviluppo del sistema di elaborazione dei volti a partire dalla nascita (Farroni et al., 2013), sostenendo l’ipotesi che sia i meccanismi sottocorticali che quelli corticali siano presenti alla nascita (Acerra et al., 2002) e interagiscano (Nakano e Nakatani, 2014). Secondo questo modello, il meccanismo dominio-specifico che supporta il rilevamento dei volti permette ai neonati di orientarsi ai volti e, allo stesso tempo, orienta i circuiti corticali che, progressivamente, diventeranno specializzati per l’elaborazione dei volti.

L’esistenza di un meccanismo specificamente dedicato al rilevamento dei volti nell’ambiente è stato messo in discussione da una visione alternativa (Simion et al, 2001, 2003, 2006; Turati, 2004) che ha proposto di spiegare le preferenze dei neonati come dovute a bias attenzionali generali di dominio verso alcune proprietà strutturali presenti in un volto così come in altri oggetti non facciali. Secondo questa ipotesi, questi bias attenzionali generali non sono specificamente adattati all’individuazione dei volti, e probabilmente derivano dalle proprietà funzionali del sistema visivo del neonato immaturo e sono applicati nello stesso modo agli stimoli facciali e non facciali. Infatti, sono rilevanti per il dominio perché permettono ai neonati di rilevare e identificare con successo i volti quando sono inseriti tra altri stimoli non-faccia (Simion et al., 2001). Questo punto di vista è coerente con la nozione che il sistema visivo dei neonati è immaturo ed è sensibile non solo a una certa gamma di frequenze spaziali, come descritto dalla funzione di sensibilità al contrasto (CSF; vedi Acerra et al., 2002 per un modello computazionale), ma anche ad altre proprietà strutturali di livello superiore simili a quelle di Gestalt, come dimostrato dalla preferenza dei neonati per le strisce orizzontali rispetto alle verticali (Farroni et al., 2000). Da questo punto di vista, i volti sarebbero preferiti perché sono un insieme di proprietà strutturali percettive che attirano l’attenzione dei neonati. In effetti, i volti sono simmetrici lungo l’asse verticale, contengono aree ad alto contrasto (ad esempio, gli occhi) e hanno più elementi nella loro parte superiore spostati in modo congruente con il contorno esterno. Inoltre, i volti sono tridimensionali, si muovono e, cosa importante, manifestano un comportamento dipendente dalle attività del bambino. Tutte queste caratteristiche sono presenti contemporaneamente nei volti e li rendono probabilmente lo stimolo più interessante sperimentato dai neonati.

I dati del nostro laboratorio hanno dimostrato che almeno due proprietà strutturali non specifiche possono suscitare la preferenza dei neonati sia per i volti (Turati et al., 2002; Macchi Cassia et al., 2004) che per le configurazioni geometriche (Macchi Cassia et al., 2002, 2008; Simion et al., 2002). Una prima proprietà, denominata asimmetria up-down (o top-heaviness), “è definita dalla presenza di una maggiore densità di stimoli nella parte superiore che in quella inferiore della configurazione” (Simion et al., 2002; Turati et al., 2002; Macchi Cassia et al., 2004). In effetti, i neonati preferivano gli stimoli geometrici con più elementi nella parte superiore quando erano in contrasto con la versione capovolta di essi (Simion et al., 2002 vedi Figura 1A). Gli stessi risultati sono stati replicati con stimoli simili a facce (Turati et al., 2002, vedi Figura 1B) e con facce reali (Macchi Cassia et al., 2004, vedi Figura 1C) in cui la geometria della faccia era interrotta. Questi dati suggeriscono che questa asimmetria up-down, se confrontata con la geometria o la struttura della faccia, è il fattore critico nel suscitare la preferenza dei neonati. Questa preferenza visiva per le configurazioni con più elementi nella parte superiore può avere origine da un vantaggio del campo superiore nella sensibilità visiva che rende queste configurazioni più facilmente rilevabili (Simion et al., 2002). Questa sensibilità è attribuita al fatto che un ruolo importante nell’esplorazione visiva del campo visivo superiore è svolto dal collicolo superiore (Sprague et al., 1973), che si pensa influenzi preminentemente il comportamento visivo dei neonati (Atkinson et al., 1992).

FIGURA 1
www.frontiersin.org

Figura 1. Esempi di stimoli impiegati per testare il ruolo delle proprietà strutturali generali nella preferenza del volto. (A,B) stimoli utilizzati per testare l’asimmetria up-down (Simion et al., 2002; Turati et al., 2002); (C) volti reali impiegati per testare l’asimmetria up-down (Macchi Cassia et al., 2004); (D-F) stimoli utilizzati per testare la congruenza (Macchi Cassia et al., 2008); (G) volti reali impiegati per testare l’asimmetria up-down e la congruenza (Macchi Cassia et al., 2004).

La seconda proprietà non specifica è la congruenza – “cioè, presenza di una relazione congruente o corrispondente tra la forma e l’orientamento del contorno e la disposizione spaziale delle caratteristiche interne” (Macchi Cassia et al., 2008). I volti sono congruenti perché mostrano un maggior numero di caratteristiche (gli occhi) nella porzione superiore e più ampia del contorno del volto e solo una caratteristica (la bocca) nella parte più stretta (vedi Figura 1D). L’evidenza ha rivelato che quando le configurazioni geometriche non facciali congruenti e non congruenti sono state confrontate (usando sia triangoli che trapezi, vedi Figure 1E,F), i neonati hanno guardato più a lungo il modello congruente (Macchi Cassia et al., 2008). Ci sono diverse ragioni per cui i neonati preferivano le configurazioni congruenti rispetto a quelle non congruenti. In primo luogo, in linea con alcuni principi gestaltici, gli stimoli visivi congruenti sono facilmente processati dal sistema visivo fin dalla nascita perché si adattano bene ai criteri di semplicità e regolarità figurale (Palmer, 1991). In secondo luogo, i neonati percepiscono e individuano le informazioni configurali incorporate negli stimoli gerarchici meglio delle informazioni featurali (Macchi Cassia et al., 2002; Simion e Leo, 2010).

In generale, poiché il comportamento visivo dei neonati è stato influenzato dalla disposizione dall’alto verso il basso delle caratteristiche interne e dalla congruenza, indipendentemente dal fatto che tale disposizione fosse o meno simile a una faccia, questi risultati supportano l’ipotesi dell’esistenza di bias attenzionali generali non specifici della faccia verso proprietà strutturali degli stimoli. La loro presenza alla nascita sembra sufficiente a far sì che il volto umano sia un frequente centro dell’attenzione visiva dei neonati, permettendo il graduale sviluppo di una rappresentazione del volto e di un sistema di elaborazione del volto.

Intrigante, la pesantezza della cima e la congruenza sono due importanti proprietà strutturali che giocano un ruolo nel modellare la risposta delle aree sensibili del volto degli adulti, evidenziando i risultati ottenuti con i neonati. Uno studio fMRI ha mostrato che le aree corticali del viso degli adulti (es.FFA) sono sintonizzati per i modelli con più elementi nella parte superiore, anche se questi modelli non sono stati percepiti come stimoli simili ai volti (Caldara et al., 2006). Questo risultato corrobora l’idea che l’asimmetria su-giù sia cruciale nel suscitare la preferenza per i volti non solo alla nascita, ma anche in età adulta. Inoltre, le stesse proprietà strutturali (cioè, la pesantezza dell’alto e la congruenza) modulano la latenza e l’ampiezza delle prime componenti ERP sensibili ai volti negli adulti (per esempio, P1 e N170). In particolare, la violazione di entrambe queste proprietà strutturali modula le componenti ERP più della violazione di ciascuna proprietà da sola, dimostrando che esse producono un effetto additivo nella preferenza del volto (Macchi Cassia et al, 2006).

L’esistenza di bias attenzionali generali verso le proprietà percettive e strutturali per spiegare la preferenza dei volti è in linea con un recente modello teorico di correlazione binoculare (cioè, BCM) che propone di spiegare il bias neonatale dei volti come risultato di un meccanismo di filtraggio visivo, legato alla limitata integrazione binoculare posseduta dai neonati (Wilkinson et al., 2014). In altre parole, gli stimoli face-like e non-face-like sono stati presentati al centro del campo visivo di un robot e il valore di salienza è stato registrato. Un modello binoculare è stato confrontato con un modello monoculare. I risultati ottenuti dal modello binoculare assomigliavano alla preferenza per i volti riscontrata nei neonati. Anche se il BCM è stato in grado di generare una preferenza per il viso, gli autori suggeriscono che “non si basa su una rappresentazione interna innata della struttura facciale. Si basa su circuiti binoculari generici, non su un modulo specializzato” (Wilkinson et al., 2014). Inoltre, lo stesso modello può spiegare sia la preferenza per i volti alla nascita che altre preferenze visive che non hanno nulla a che fare con i volti. Per esempio, il modello BCM suggerisce che i modelli orientati orizzontalmente sono preferiti perché generano più correlazione binoculare di quelli verticali. La stessa ipotesi è vera per gli stimoli con più elementi nella parte superiore. Sebbene siano necessari ulteriori studi empirici per confermare queste ipotesi, sembra che il modello BCM sia un modello computazionale promettente per indagare i meccanismi alla base della preferenza dei volti alla nascita.

L’ipotesi dell’esistenza di bias generali per spiegare la preferenza dei volti alla nascita è stata minata da uno studio che ha evidenziato come la polarità di contrasto degli stimoli sia determinante per indurre tale preferenza (Farroni et al., 2005). Il razionale era che, se l’asimmetria up-down è cruciale per determinare la preferenza del volto, allora la polarità di contrasto degli elementi non dovrebbe interferire (cioè, la visione sensibile al volto, vedi Johnson et al., 2015, per una discussione). I risultati dimostrano che nella condizione di polarità negativa scompare la preferenza per gli stimoli eretti simili al volto (vedi Rosa Salva et al., 2012), per un risultato simile nei pulcini appena schiusi. Coerentemente, gli autori hanno proposto che il sistema visivo dei neonati è stato modellato, per selezione naturale, per preferire le facce nell’ambiente in condizioni di illuminazione naturale, che sono dall’alto piuttosto che dal basso.

Purtroppo, l’assenza di risultati significativi (cioè risultati nulli) nella condizione di polarità di contrasto negativo tra i modelli face-like verticali e invertiti non può essere considerata conclusiva, perché sono possibili spiegazioni alternative. In primo luogo, un gran numero di variabili dello stimolo, come proposto dall’ipotesi sensoriale, può influenzare le preferenze dei neonati. In particolare, alla nascita, l’attrattiva di un pattern è influenzata dagli spettri di ampiezza (cioè, contrasto, luminosità, frequenza spaziale) così come dagli spettri di fase (cioè, proprietà strutturali; Slater et al., 1985). L’inversione della polarità del contrasto può essere descritta, nel dominio delle frequenze spaziali, come spostamenti di 180° negli angoli di fase di tutte le frequenze spaziali e questo spostamento potrebbe interferire con le preferenze dei neonati per i volti (Mondloch et al., 1999) e per entrambi i volti e gli oggetti nei neonati di 6 settimane (Dannemiller e Stephens, 1988). In secondo luogo, gli spettri di fase di certi pattern non possono essere arbitrariamente spostati senza distruggere la discriminabilità del pattern (Kemp et al., 1996) poiché un cambiamento di polarità potrebbe influenzare il processo di segregazione figura-terra: le regioni nere sono più spesso percepite come figure. Studi futuri, che verifichino se l’effetto della polarità del contrasto è limitato ai pattern simili ai volti o se il cambiamento di polarità diminuisce la discriminabilità di stimoli diversi dai volti, sono necessari per testare il ruolo della polarità del contrasto nel determinare le preferenze dei neonati. Infine, un meccanismo alla base della preferenza per le facce che sia più legato alle facce di quanto precedentemente supposto, non può spiegare i dati che dimostrano che uno stimolo verticale con tre blob situati casualmente nella parte superiore è sempre preferito a un pattern face-like (Turati et al., 2002) e che una faccia rimescolata con più elementi nella parte superiore è sempre preferita a una faccia reale (Macchi Cassia et al., 2004, vedi Figura 1G).

Di conseguenza, se si tiene conto di tutte queste considerazioni, appare chiaramente che ci troviamo ancora con due possibili interpretazioni delle preferenze facciali alla nascita e che siamo lontani da una risposta conclusiva alla domanda sui bias attenzionali generali rilevanti per il dominio o su uno specifico rilevatore facciale LSF per spiegare la preferenza facciale alla nascita. Quello che sappiamo, per certo, è che queste distorsioni attenzionali non possono spiegare le preferenze facciali più tardi durante lo sviluppo, perché i neonati di 3 mesi preferiscono guardare le facce anche quando sono state contrapposte a configurazioni facciali rimescolate con più elementi nella parte superiore (Turati et al, 2002), corroborando l’idea che 3 mesi di esperienza visiva sono sufficienti per cambiare e sintonizzare la rappresentazione dei volti.

Cambiamenti nello sviluppo della rappresentazione dei volti

Le prove comportamentali supportano l’idea che la rappresentazione dei volti cambia nel corso dello sviluppo e che l’esperienza permette ai neonati di costruire una rappresentazione specifica dei volti sperimentati e di categorizzare i volti all’interno di uno spazio dei volti (Valentine, 1991; Valentine et al, 2015).

Lo spazio dei volti è “definito come uno spazio multidimensionale, in cui ogni singolo volto è codificato come un punto in un continuum dove il volto medio si trova al centro dello spazio” (Valentine, 1991). Questo spazio facciale si restringe nel tempo in funzione dell’esperienza, così che i bambini diventano esperti nell’elaborazione dei volti più esperti, come proposto dalla visione di restringimento percettivo (Nelson, 2001, 2003). Secondo questa visione, i neonati iniziano la vita con meccanismi generali dedicati all’elaborazione dei volti così come di altri stimoli e successivamente diventano “sintonizzati” sui volti umani sperimentati, come diretta conseguenza dell’esposizione a questo tipo di stimoli visivi presenti nell’ambiente specie-specifico durante i primi mesi (Scott et al., 2007).

I dati provenienti da neonati sia umani che non umani corroborano l’ipotesi dell’esistenza di un ampio sistema di percezione dei volti alla nascita. Gran parte della letteratura sulla percezione dei volti alla nascita sia nei non umani (Sugita, 2008) che negli umani (Kelly et al., 2005; Quinn et al., 2008) rivela una chiara evidenza di un sistema di percezione dei volti di base, grossolanamente sintonizzato sia nei primati che negli umani, che diventa sintonizzato sui volti sperimentati. Per esempio, i neonati non mostrano alcuna preferenza visiva per i volti del proprio o di altri gruppi etnici (Kelly et al., 2005), al contrario questo effetto è presente pochi mesi dopo (Kelly et al., 2005; Anzures et al., 2013). Sulla stessa linea, i neonati non rispondono in modo differenziato al genere dei volti (Quinn et al., 2008), ma 3 mesi di esperienza sono sufficienti per suscitarlo (Quinn et al., 2002). Inoltre, i neonati non preferiscono un volto umano quando viene contrapposto a un volto di scimmia non umana equiparato per tutte le proprietà percettive di basso livello (cioè, aree ad alto contrasto o frequenze spaziali; Di Giorgio et al., 2012; ma vedi Heron-Delaney et al., 2011). Questa preferenza appare 3 mesi dopo (Heron-Delaney et al., 2011; Di Giorgio et al., 2013; Dupierrix et al., 2014).

Interessante, Di Giorgio et al. (2012) mettono in discussione anche il ruolo degli occhi nello scatenare l’attenzione dei neonati verso i volti, poiché il contrasto tra sclera e iride, presente negli occhi umani ma non in quelli non umani, non determina alcuna preferenza. Recentemente, Dupierrix et al. (2014) hanno confermato questo risultato. I neonati che sono stati presentati simultaneamente con una coppia di volti di primati non umani che differiscono solo per gli occhi non manifestano alcuna preferenza tra un volto con occhi originali di primati non umani e lo stesso volto in cui gli occhi sono stati sostituiti da occhi umani. Questi risultati sembrano contraddire l’idea che la preferenza per i volti rifletta un’attrazione verso gli occhi umani (Baron-Cohen, 1994; Farroni et al., 2005) e sembrano contrastare studi precedenti che mostravano che i neonati preferivano guardare i volti con gli occhi aperti e con uno sguardo diretto (Batki et al., 2000; Farroni et al., 2002, 2006). Tuttavia, tutti questi dati devono essere interpretati con cautela perché gli stimoli non sono mai stati accoppiati come per le variabili di basso livello. Di conseguenza, tutte queste preferenze potrebbero essere attribuite a una differenza nelle variabili di basso livello come la differenza nelle componenti delle frequenze spaziali.

Una spiegazione alternativa potrebbe essere legata all’elaborazione della configurazione generale del volto. Forse, l’elaborazione degli occhi potrebbe essere limitata, poiché i neonati potrebbero prestare maggiore attenzione alle parti esterne dei volti (Pascalis et al., 1995), soprattutto quando gli occhi sono inseriti in un volto di primate non umano con un contorno esterno saliente enfatizzato dal pelo. Tuttavia, questa spiegazione è improbabile, perché i neonati assistono allo stesso modo alle caratteristiche interne ed esterne dei volti (Turati et al., 2006).

Una spiegazione più convincente sarebbe che i neonati elaborano i volti in modo olistico e la sensibilità per gli occhi umani di per sé non è innata ma emerge più tardi a causa della vasta esperienza con i conspecifici. Questa idea è supportata da recenti studi di eye tracker in cui i neonati di 3 mesi guardano più a lungo gli occhi del volto umano quando sono in contrasto con un volto di scimmia (Di Giorgio et al., 2013; Dupierrix et al., 2014). Quindi, sembra che 3 mesi di esposizione agli occhi umani sia sufficiente per guidare l’attenzione dei neonati verso gli occhi umani più esperti (Dupierrix et al., 2014).

In generale, i dati sono in linea con l’ipotesi che il sistema di percezione del volto diventa sintonizzato su volti umani e occhi umani durante lo sviluppo in funzione dell’esperienza visiva (Nelson, 2001; Pascalis et al, 2002; Pascalis e Kelly, 2009; Di Giorgio et al., 2013; Dupierrix et al., 2014).

La presenza del processo di restringimento percettivo con i volti più esperti è supportata da studi di eye tracker che hanno mostrato diversi modelli di esplorazione per diverse categorie di volti (Liu et al., 2011; Di Giorgio et al., 2013). Per esempio, i percorsi di scansione visiva di neonati asiatici di 4-9 mesi a cui vengono presentati volti della stessa e di altra razza sono diversi in funzione della natura dello stimolo, dimostrando cambiamenti nello sviluppo delle strategie di elaborazione dei volti. Per esempio, con l’età, i bambini tendono a guardare più a lungo le caratteristiche interne incorporate nel volto della stessa razza ma non nei volti di altra razza (Liu et al, 2011).

Tutti questi dati corroborano, ancora una volta, l’idea che l’attenzione visiva dei neonati è principalmente innescata dalle proprietà percettive di basso livello degli stimoli visivi, mentre, a partire dai 3 mesi di vita, le preferenze visive diventano specifiche per i volti e, in particolare, con i volti più esperti, come i volti umani o quelli che appartengono al gruppo etnico dei neonati.

Dal punto di vista neurale, il processo di restringimento percettivo consiste in una progressiva e graduale specializzazione e localizzazione delle aree cerebrali corticali coinvolte nell’elaborazione dei volti (Johnson, 2000). Infatti, alla nascita questi circuiti rispondono ad un’ampia gamma di stimoli visivi ma in seguito, durante lo sviluppo e grazie all’esperienza visiva, questi circuiti corticali diventano sempre più selettivi solo per alcune categorie di stimoli visivi, come il volto vissuto, provocando una risposta neurale più localizzata e specializzata. Per esempio, studi che hanno eseguito scansioni di tomografia a emissione di positroni (PET) hanno suggerito che, a 2-3 mesi di età, ci sono i primi segni di specializzazione corticale per i volti (Tzourio-Mazoyer et al., 2002). Inoltre, studi ERPs hanno dimostrato che, a livello neurale, i neonati di 6 mesi differenziano i volti dagli oggetti (de Haan e Nelson, 1999) e, curiosamente, anche i volti umani da quelli delle scimmie (de Haan et al., 2003). Inoltre, studi di spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS) hanno fornito nuove prove di regioni corticali nel cervello infantile già dedicate all’elaborazione dei volti (vedi Otsuka, 2014, per una revisione).

In generale, questi risultati sono in linea con l’idea che il sistema di percezione dei volti sia il prodotto di una combinazione di eredità evolutiva e di un processo di apprendimento dipendente dall’esperienza dopo la nascita (de Schonen, 1989; Sai, 2005; Pascalis e Kelly, 2009; Slater et al, 2010) e che il sistema diventa finemente sintonizzato dall’esperienza visiva in un ambiente specie-specifico. Questa specializzazione corrisponde a un miglioramento nella discriminazione degli stimoli predominanti nell’ambiente e a un declino nella discriminazione degli stimoli non frequentemente sperimentati nell’ambiente. Ciò che attualmente è meno compreso è la natura dei meccanismi responsabili del restringimento percettivo e del mantenimento o della facilitazione con l’esperienza. Un possibile meccanismo neurale che guida il restringimento percettivo può essere il fenomeno del pruning neurale (Scott et al., 2007). Infatti, all’inizio della vita c’è un’esuberanza di connessioni sinaptiche nel cervello, che vengono potate per raggiungere nel tempo i livelli degli adulti. Pertanto, è plausibile ipotizzare che il declino della capacità di discriminazione dei volti per alcuni stimoli coincida con questo processo di pruning.

Come i neonati e i bambini riconoscono i volti

In questa parte dell’articolo si parlerà di come vengono riconosciuti i volti e se le computazioni per codificare, memorizzare e recuperare le informazioni sono speciali per i volti fin dalla nascita. Da un punto di vista dello sviluppo, è importante indagare se i neonati dalla nascita hanno la capacità di estrarre ed elaborare sia le informazioni featurali che quelle configurali presenti in un volto, e come le strategie di elaborazione dei volti cambiano e diventano specifiche per i volti in funzione dell’esperienza visiva.

È un dato di fatto che i neonati, nonostante il loro sistema visivo immaturo, sono in grado di riconoscere singoli volti. Dopo la fase di assuefazione con l’immagine di un volto femminile di un’estranea, i neonati guardano più a lungo un volto nuovo rispetto a quello familiare, dimostrando la loro capacità di imparare un volto individuale specifico a cui sono ripetutamente esposti (Pascalis e de Schonen, 1994). Inoltre, il volto della madre viene riconosciuto e preferito a quello di un’estranea entro poche ore dalla nascita (Bushnell et al., 1989; Pascalis et al., 1995; Bushnell, 2001; Sai, 2005). Nonostante questa capacità di apprendimento dei neonati, quale sia la natura delle operazioni che si verificano sul riconoscimento dei volti alla nascita e nella prima infanzia è ancora una questione aperta.

I dati raccolti nel nostro laboratorio utilizzando facce simili a facce, facce reali e stimoli geometrici convergono a suggerire che, almeno alla nascita, le operazioni coinvolte nell’elaborazione dei volti sono le stesse che avvengono per elaborare qualsiasi oggetto visivo. Per esempio, i neonati sono in grado di discriminare tra matrici che sono identiche per quanto riguarda le caratteristiche globali (ad esempio, colonne di elementi pieni o non pieni), ma differiscono per quanto riguarda la forma degli elementi pieni contenuti all’interno delle due colonne piene (ad esempio, elementi quadrati contro elementi a diamante). Questo risultato dimostra che i neonati sono in grado di discriminare i singoli elementi di una matrice e possono organizzare tali elementi in una percezione olistica (Farroni et al., 2000). Gli stessi risultati sono stati ottenuti con i pattern facciali, poiché i neonati discriminano tra schemi facciali che differiscono esclusivamente per la forma degli elementi locali interni (Simion et al., 2002).

Insieme, questi dati supportano l’ipotesi che i neonati possiedano un meccanismo generale di apprendimento dei pattern visivi che permette loro di codificare, recuperare, e quindi riconoscere come familiari, gli stimoli visivi indipendentemente dal fatto che siano volti o meno. Il meccanismo di apprendimento responsabile del riconoscimento dei volti non è specifico per i volti ma, piuttosto, opera in modo simile per tutti i tipi di stimoli visivi (de Schonen e Mancini, 1995; de Schonen et al., 1998; Johnson e de Haan, 2001).

In linea con la presenza di questo meccanismo generale di apprendimento del pattern visivo, attivo sia per i volti che per gli stimoli non-faccia, i neonati dalla nascita sono in grado di percepire e riconoscere le caratteristiche percettive invarianti di una vasta gamma di stimoli visivi. Per esempio, i neonati sono in grado di percepire oggetti e volti come invarianti attraverso i cambiamenti retinici dovuti a modifiche dell’inclinazione o della distanza (Slater e Morison, 1985; Slater et al., 1990), sia quando nell’ambiente sono disponibili oggetti fisici (cioè, modelli geometrici semplici o complessi) che sociali. Per esempio, è stato dimostrato che i neonati sono in grado di elaborare le caratteristiche invarianti di un volto indipendentemente dai cambiamenti di inclinazione rispetto all’osservatore (Turati et al, 2008).

In generale, il meccanismo generale di apprendimento dei pattern visivi sembra operare su configurazioni non facciali, facciali e facce reali e si pensa che sia sensibile a quegli stimoli visivi grossolani di un volto o non facciali strettamente dipendenti dalla LSF che trasmettono informazioni configurali.

Infatti, è stato dimostrato che le informazioni visive che i neonati usano per elaborare e riconoscere un volto sono attivate da frequenze basse piuttosto che alte spaziali (de Heering et al., 2007b). Fondamentalmente, questo è dovuto al fatto che l’informazione configurale è elaborata principalmente dall’emisfero destro (de Schonen e Mathivet, 1989; Deruelle e de Schonen, 1991, 1998; de Schonen et al., 1993). La privazione dell’input visivo precoce all’emisfero destro, dovuta a una cataratta congenita bilaterale, ha portato a un’alterazione dell’elaborazione configurale (Le Grand et al., 2003). Poiché l’emisfero destro matura prima e ad un ritmo più veloce dell’emisfero sinistro, i neonati e i bambini piccoli sono sensibili alle informazioni configurali più che alle caratteristiche sia dei volti che dei non volti (de Schonen e Mathivet, 1990). In effetti, la stessa gamma LSF è critica nel produrre il vantaggio globale/locale trovato quando i neonati elaborano stimoli gerarchici (Macchi Cassia et al., 2002). Impiegando modelli gerarchici in cui figure più grandi (per esempio, croce o rombo) sono costruite dallo stesso insieme di figure più piccole, è stato dimostrato che i neonati sono in grado di discriminare sia il livello locale che quello globale. Tuttavia, il riconoscimento delle caratteristiche locali era compromesso nella condizione in cui le informazioni a livello globale interferivano con l’identificazione delle caratteristiche locali (Macchi Cassia et al., 2002). Questa interferenza asimmetrica potrebbe essere usata per interpretare l’effetto di inversione ottenuto nella condizione delle caratteristiche interne con i volti. Cioè, quando il volto è in orientamento verticale i neonati codificano entrambi i livelli (cioè locale e globale) con una superiorità di quello globale/configurale, che permette il riconoscimento del volto. Al contrario, quando il volto è capovolto, i neonati hanno difficoltà a utilizzare l’informazione globale/configurale e, a causa della sensibilità alla LSF, non possono contare sul solo uso dell’informazione featurale (Turati et al., 2006). Collettivamente, i risultati qui riportati hanno dimostrato che i neonati sono sensibili alle informazioni configurali sia agli stimoli facciali che a quelli non facciali a causa dei vincoli del loro sistema visivo.

Tuttavia, poiché negli adulti l’elaborazione configurale è specifica per i volti ed è stata attribuita alla vasta esperienza con i volti durante la vita, da un punto di vista evolutivo sembra fondamentale indagare quando i volti iniziano a diventare speciali e iniziano ad essere elaborati in modo diverso dagli oggetti (vedi Hoel e Peykarjou, 2012). Alcuni studi hanno dimostrato che i bambini iniziano a processare in modo diverso le facce verticali e invertite entro i primi mesi di vita, fornendo la prova di un effetto di inversione della faccia precoce. Per esempio, Turati et al. (2004) hanno dimostrato che l’inversione del volto ha influenzato le capacità di riconoscimento dei volti dei bambini di 4 mesi. Allo stesso modo, i percorsi di scansione visiva dei neonati di 4 mesi sono diversi in funzione dell’orientamento in cui il volto è stato presentato (Gallay et al., 2006; vedi anche Kato e Konishi, 2013). A livello neurale, due componenti ERP (cioè N290 e P400) sono risultati indicativi di una capacità di elaborazione dei volti nella prima infanzia (de Haan et al., 2002; Halit et al., 2003; Scott e Nelson, 2006; Scott et al., 2006). Studi ERPs condotti su neonati di 6 mesi hanno rivelato che la P400, un precursore della N170 dell’adulto, era modulata dall’inversione già a questa età: le facce invertite dimostravano una negatività di ampiezza maggiore rispetto alle facce erette (Webb e Nelson, 2001; de Haan et al., 2002). È interessante notare che, sebbene non ci siano studi comportamentali che confrontino direttamente l’effetto di inversione per le facce rispetto agli oggetti nei neonati, un recente studio NIRS ha dimostrato che l’effetto di inversione per le facce e gli oggetti modula diversamente l’attivazione cerebrale in neonati di 5 e 8 mesi (Otsuka et al., 2007). Ulteriori studi hanno dimostrato che, a partire dalla prima infanzia, l’inversione dello stimolo colpisce in modo sproporzionato i volti rispetto agli oggetti (Picozzi et al., 2009), confermando precedenti risultati con bambini più grandi (Carey e Diamond, 1977; Teunisse e de Gelder, 2003).

Per quanto riguarda l’effetto volto composito, un recente studio ha riportato, per la prima volta, che i neonati di 3 mesi, così come gli adulti, elaborano i volti in modo olistico. In particolare, i bambini hanno dimostrato di essere più precisi nel riconoscere la metà superiore familiare di un volto nella condizione non allineata rispetto alla condizione allineata (Turati et al., 2010). È interessante notare che, sebbene sia gli adulti che i bambini abbiano mostrato l’effetto volto composito, le loro prestazioni differivano nella condizione non allineata. In effetti, gli adulti guardavano più a lungo la metà superiore nuova, mentre i bambini guardavano più a lungo la metà superiore familiare. Questo risultato dimostra che la sintonizzazione verso le informazioni configurali appare molto presto nella vita, ma l’esperienza affina progressivamente le prime strategie configurali nell’elaborazione dei volti. Impiegando lo stesso paradigma del volto composito ed estendendo i risultati precedenti (Carey e Diamond, 1994; Mondloch et al., 2007), alcuni studi hanno dimostrato che l’elaborazione olistica del volto è pienamente matura a 4 anni di età (de Heering et al., 2007a) ed è selettiva per i volti a 3,5 anni di età (Macchi Cassia et al., 2009).

Intrigante, tutti gli studi qui riportati confermano che l’esperienza visiva è fondamentale per lo sviluppo tipico dell’elaborazione del volto. Tuttavia, al momento come l’esperienza visiva precoce modella i meccanismi neurali alla base dell’elaborazione dei volti non è ben compreso. Alla luce di ciò, studi futuri dovrebbero essere condotti per capire meglio quale tipo di esperienza visiva è più efficace per rendere specializzato il sistema di elaborazione dei volti e i periodi sensibili durante lo sviluppo (vedi Scott et al., 2007). Uno studio ERP più recente condotto su neonati dai 6 ai 9 mesi ha tentato di rispondere a questa domanda.

In questo studio, una specializzazione neurale indicizzata da una diversa modulazione di P400 per facce di scimmia verticali rispetto a quelle invertite, è stata trovata in neonati che hanno ricevuto un training di 3 mesi con facce di scimmia etichettate a livello individuale (cioè, una singola faccia di scimmia associata a un nome). I bambini di questo gruppo hanno mostrato un effetto di inversione per le facce di scimmia. Al contrario, nessun effetto è stato trovato nei bambini che hanno ricevuto un addestramento con le stesse facce di scimmia etichettate a livello categoriale (cioè, “scimmia” come nome per tutte le facce presentate), dimostrando che le diverse esperienze (cioè, Le diverse esperienze (esperienze di apprendimento categoriche o individuali) hanno influenzato in modo diverso l’elaborazione dei volti e la specializzazione neurale per i volti durante lo sviluppo (Scott e Monesson, 2010).

Insieme, gli studi qui esaminati hanno dimostrato che alla nascita, a causa della presenza di alcuni vincoli del sistema visivo (ad esempio, la sensibilità alla LSF), i neonati applicano le stesse strategie per riconoscere ed elaborare sia i volti che i non volti in modo simile, corroborando l’idea dell’esistenza di un meccanismo generale di apprendimento visivo dei pattern. Poi, durante lo sviluppo, grazie all’esperienza visiva specifica con certi tipi di stimoli, il sistema si specializza per elaborare diversamente oggetti e stimoli sociali.

Conclusione

In generale, gli studi condotti sui neonati hanno dimostrato la presenza, fin dalla nascita, di bias attenzionali pre-cablati rilevanti per il dominio verso i volti e il ruolo dell’esperienza nella formazione del sistema di elaborazione dei volti.

Per quanto riguarda l’individuazione dei volti, qui suggeriamo che i volti non sono stimoli visivi speciali per i neonati e che un meccanismo specifico sensibile ai volti non è richiesto per spiegare la preferenza dei volti fin dalla nascita. Le prove esaminate parlano a favore dell’ipotesi che i volti possano essere preferiti alla nascita perché sono un insieme di proprietà strutturali (cioè, asimmetria su-giù, congruenza, ecc.) e configurali preferite che anche altri stimoli possono possedere. Di conseguenza, il dibattito è ancora aperto e ulteriori studi devono essere condotti per distinguere la questione dei bias generali o specifici alla base della preferenza dei volti alla nascita. Inoltre, sembra rilevante indagare se l’attivazione della via sottocorticale nei neonati e negli adulti, putativamente attiva per tutta la durata della vita (Tomalski et al., 2009), è suscitata o meno dagli stessi stimoli visivi durante lo sviluppo e la natura dell’interazione tra le vie corticali e sottocorticali nell’elaborazione dei volti lungo la durata della vita.

Inoltre, sono necessari studi futuri sulla natura della rappresentazione dei volti alla nascita perché siamo lontani da una risposta conclusiva sullo stimolo migliore che suscita la preferenza dei volti alla nascita. Alcuni studi controversi sull’effetto della polarità del contrasto (Farroni et al., 2005) e il ruolo degli occhi nell’innescare la preferenza del volto alla nascita (vedi Dupierrix et al, 2014) suggeriscono di indagare ulteriormente, sia con studi comportamentali che di neuroimaging, quali spunti visivi di basso livello, come l’area ad alto contrasto degli occhi umani e la pupilla, possono renderli così importanti nei primi mesi di vita e se la loro rilevanza cambia nel tempo.

Inoltre, studi futuri dovrebbero indagare quale sia la natura dei meccanismi responsabili del processo di restringimento percettivo che avviene durante lo sviluppo e, ancora più importante, quale sia l’esperienza visiva più efficace per guidare la specializzazione del sistema per elaborare i volti durante i periodi sensibili e/o critici dello sviluppo. In particolare, sono necessari studi elettrofisiologici per indagare come il cervello infantile lavora durante lo sviluppo in risposta ai volti.

Nella stessa ottica, come e quando i volti diventano stimoli speciali e iniziano ad essere elaborati diversamente dagli oggetti sono intriganti questioni aperte. Gli studi futuri dovrebbero confrontare direttamente le strategie di elaborazione visiva impiegate per i volti e per gli oggetti utilizzando gli stessi paradigmi in diversi momenti dello sviluppo, al fine di tracciare una traiettoria di sviluppo della specializzazione dell’elaborazione dei volti.

Uno degli scopi principali che guida tale ricerca dovrebbe essere quello di aumentare la conoscenza delle traiettorie di sviluppo tipiche al fine di identificare i bambini che si discostano da esse (cioè i bambini ad alto rischio di autismo), neonati ad alto rischio per l’autismo) e promuovere programmi di screening e di intervento quando il cervello è più plastico e ricettivo ai cambiamenti.

In generale, l’evidenza è coerente nel dimostrare una progressiva specializzazione funzionale e neurale del sistema facciale. I dati qui esaminati parlano a favore dell’idea che, per svilupparsi nella sua forma adulta di esperto, il sistema facciale potrebbe non richiedere un input altamente specifico (cioè, un bias specifico per il viso). Piuttosto, è plausibile ipotizzare che la presenza di alcuni bias attenzionali rilevanti per il dominio alla nascita sia sufficiente per impostare e guidare il sistema verso la graduale e progressiva specializzazione strutturale e funzionale che emerge successivamente durante lo sviluppo grazie all’esperienza visiva che i neonati hanno nel loro ambiente specie-specifico.

Dichiarazione di conflitto di interessi

Gli autori dichiarano che la ricerca è stata condotta in assenza di relazioni commerciali o finanziarie che potrebbero essere interpretate come un potenziale conflitto di interessi.

Acerra, F., Burnod, Y., e de Schonen, S. (2002). Aspetti di modellazione dell’elaborazione dei volti nella prima infanzia. Dev. Sci. 5, 98-117. doi: 10.1111/1467-7687.00215

CrossRef Full Text | Google Scholar

Allison, T., Puce, A., e McCarthy, G. (2000). Percezione sociale da spunti visivi: ruolo della regione STS. Trends Cogn. Sci. 4, 267-278. doi: 10.1016/S1364-6613(00)01501-1

CrossRef Full Text | Google Scholar

Anzures, G., Quinn, P. C., Pascalis, O., Slater, A. M., Tanaka, J. W., and Lee, K. (2013). Origini dello sviluppo dell’effetto di altra razza. Curr. Dir. Psychol. Sci. 22, 173-178. doi: 10.1177/0963721412474459

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Atkinson, J., Hood, B., Wattam-Bell, J., e Braddick, O. (1992). Cambiamenti nella capacità dei neonati di cambiare l’attenzione visiva nei primi tre mesi di vita. Perception 21, 643-653. doi: 10.1068/p210643

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Baron-Cohen, S. (1994). Come costruire un bambino che può leggere la mente: meccanismi cognitivi nella lettura della mente. Curr. Psychol. Cogn. 13, 513-552.

Google Scholar

Batki, A., Baron-Cohen, S., Wheelwright, S., Connellan, J., and Ahluwalia, J. (2000). Esiste un modulo di sguardo innato? Prove da neonati umani. Infant Behav. Dev. 23, 223-229. doi: 10.1016/S0163-6383(01)00037-6

CrossRef Full Text | Google Scholar

Bruce, V., e Young, A. (1986). Comprensione del riconoscimento dei volti. Br. J. Psychol. 77, 305-327. doi: 10.1111/j.2044-8295.1986.tb02199.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Bukach, C. M., Gauthier, I., and Tarr, M. J. (2006). Oltre i volti e la modularità: il potere di un quadro di competenze. Trends Cogn. Sci. 10, 159-166. doi: 10.1016/j.tics.2006.02.004

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Bushnell, I. W. R. (2001). Riconoscimento del volto della madre nei neonati: apprendimento e memoria. Infant Bambino Dev. 10, 67-74. doi: 10.1002/icd.248

CrossRef Full Text | Google Scholar

Bushnell, I. W. R., Sai, F., and Mullin, J. T. (1989). Riconoscimento neonatale del volto della madre. Br. J. Dev. Psychol. 7, 3-15. doi: 10.1111/j.2044-835X.1989.tb00784.x

CrossRef Full Text | Google Scholar

Caldara, M., Seghier, M. L., Rossion, B., Lazeyras, F., Michel, C., e Hauert, C. A. (2006). L’area facciale fusiforme è sintonizzata per modelli curvilinei con più elementi ad alto contrasto nella parte superiore. Neuroimage 31, 313-319. doi: 10.1016/j.neuroimage.2005.12.011

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Carey, S., e Diamond, R. (1977). Dalla rappresentazione frammentaria alla rappresentazione configurazionale delle facce. Scienza 195, 312-314. doi: 10.1126/science.831281

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Carey, S., e Diamond, R. (1994). Le facce sono percepite come configurazioni più dagli adulti che dai bambini? Vis. Cogn. 1, 253-274. doi: 10.1080/13506289408402302

CrossRef Full Text | Google Scholar

Dannemiller, J. L., e Stephens, B. R. (1988). Un test critico dei modelli di preferenza dei modelli infantili. Bambino Dev. 59, 210-216. doi: 10.1111/j.1467-8624.1988.tb03209.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

de Haan, M., Johnson, M. H., e Halit, H. (2003). Sviluppo dei potenziali evento-correlati sensibili al volto durante l’infanzia: una revisione. Int. J. Psychophysiol. 51, 45-58. doi: 10.1016/S0167-8760(03)00152-1

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

de Haan, M., and Nelson, C. A. (1999). L’attività cerebrale differenzia l’elaborazione dei volti e degli oggetti nei neonati di 6 mesi. Dev. Psychol. 35, 1113-1121. doi: 10.1037/0012-1649.35.4.1113

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

de Haan, M., Pascalis, O., and Johnson, M. H. (2002). Specializzazione dei meccanismi neurali alla base del riconoscimento dei volti nei neonati umani. J. Cogn. Neurosci. 14, 199-209. doi: 10.1162/089892902317236849

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

de Heering, A., Houthuys, S., and Rossion, B. (2007a). L’elaborazione olistica del volto è matura a 4 anni di età: prove dall’effetto volto composito. J. Exp. Child Psychol. 96, 57-70. doi: 10.1016/j.jecp.2006.07.001

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

de Heering, A., Turati, C., Rossion, B., Bulf, H., Goffaux, V., and Simion, F. (2007b). Il riconoscimento dei volti dei neonati si basa su frequenze spaziali inferiori a 0,5 cicli per grado. Cognition 106, 444-454. doi: 10.1016/j.cognition.2006.12.012

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

de Schonen, S. (1989). “Alcune riflessioni sulla specializzazione cerebrale nell’elaborazione della faceness e della fisionomia”, in Handbook of Research on Face Processing, eds A. Young and H. D. Ellis (Amsterdam: North Holland), 379-389.

Google Scholar

de Schonen, S., Deruelle, C., Mancini, J., and Pascalis, O. (1993). “Differenze emisferiche nell’elaborazione dei volti e maturazione cerebrale”, in Developmental Neurocognition: Speech and Face Processing in the First Year of Life, eds B. de Boysson-Bardies, S. de Schonen, P. Jusczyk, P. McNeilage, and J. Morton (Dordrecht: Kluwer), 149-163.

Google Scholar

de Schonen, S., and Mancini, J. (1995). Sulla specializzazione funzionale del cervello: lo sviluppo del riconoscimento dei volti. Dev. Cogn. Neurosci. Tech. Rep. 95, 165-170.

Google Scholar

de Schonen, S., Mancini, J., and Leigeois, F. (1998). “About functional cortical specialization: the development of face recognition,” in The Development of Sensory, Motor and Cognitive Capacities in Early Infancy, eds F. Simion and G. Butterworth, (Hove: Psychology Press), 103-120.

Google Scholar

de Schonen, S., and Mathivet, E. (1989). Primo arrivato, primo servito: uno scenario sullo sviluppo della specializzazione emisferica nel riconoscimento dei volti durante l’infanzia. Eur. Bull. Cogn. Psychol. 9, 3-44.

Google Scholar

de Schonen, S., and Mathivet, E. (1990). Asimmetria emisferica in un compito di discriminazione facciale nei bambini. Bambino Dev. 61, 1192-1205. doi: 10.1111/j.1467-8624.1990.tb02853.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Deruelle, C., e de Schonen, S. (1991). Asimmetrie emisferiche nell’elaborazione del modello visivo nell’infanzia. Cervello Cogn. 16, 151-179. doi: 10.1016/0278-2626(91)90004-R

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Deruelle, C., e de Schonen, S. (1998). Gli emisferi destro e sinistro frequentano le stesse informazioni visuospaziali all’interno di un volto nell’infanzia? Dev. Neuropsychol. 14, 535-554. doi: 10.1080/87565649809540727

CrossRef Full Text | Google Scholar

Di Giorgio, E., Leo, I., Pascalis, O., and Simion, F. (2012). Il sistema di percezione del volto è umano-specifico alla nascita? Dev. Psychol. 48, 1083-1090. doi: 10.1037/a0026521

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Di Giorgio, E., Méary, D., Pascalis, O., e Simion, F. (2013). Il sistema di percezione del volto diventa specie-specifico a 3 mesi: uno studio di eye-tracking. Int. J. Behav. Dev. 37, 95-99. doi: 10.1177/0165025412465362

CrossRef Full Text | Google Scholar

Dupierrix, E., Hillairet de Boisferon, A., Méary, D., Lee, K., Quinn, P. C., Di Giorgio, E., et al. (2014). Preferenza per gli occhi umani nei neonati umani. J. Exp. Child Psychol. 123, 138-146. doi: 10.1016/j.jecp.2013.12.010

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Farah, M. J., Rabinowitz, C., Quinn, G. E., e Liu, G. T. (2000). Impegno precoce dei substrati neurali per il riconoscimento dei volti. Cogn. Neuropsychol. 17, 117-123. doi: 10.1080/026432900380526

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Farah, M. J., Wilson, K. D., Drain, M., and Tanaka, J. N. (1998). Cosa c’è di “speciale” nella percezione dei volti? Psychol. Rev. 105, 482-498. doi: 10.1037/0033-295X.105.3.482

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Farroni, T., Chiarelli, A. M., Lloyd-Fox, S., Massaccesi, S., Merla, A., Di Gangi, V., et al. (2013). Corteccia infantile risponde ad altri esseri umani da poco dopo la nascita. Sci. Rep. 3, 1-5. doi: 10.1038/srep02851

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Farroni, T., Csibra, G., Simion, F., e Johnson, M. H. (2002). Rilevamento del contatto visivo negli esseri umani dalla nascita. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 99, 9602-9605. doi: 10.1073/pnas.152159999

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Farroni, T., Johnson, M. H., Menon, E., Zulian, L., Faraguna, D., and Csibra, G. (2005). Preferenza dei neonati per gli stimoli rilevanti per la faccia: effetti della polarità di contrasto. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 102, 17245-17250.

PubMed Abstract | Google Scholar

Farroni, T., Menon, E., e Johnson, M. H. (2006). Fattori che influenzano la preferenza dei neonati per le facce con contatto visivo. J. Exp. Child Psychol. 95, 298-308. doi: 10.1016/j.jecp.2006.08.001

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Farroni, T., Valenza, E., Simion, F., e Umiltà, C. A. (2000). Elaborazione configurale alla nascita: prove di organizzazione percettiva. Perception 29, 355-372. doi: 10.1068/p2858

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Gallay, M., Baudouin, J. Y., Durand, K., Lemoine, C., e Lécuyer, R. (2006). Differenze qualitative nell’esplorazione di facce verticali e capovolte in bambini di quattro mesi: uno studio dei movimenti oculari. Child Dev. 77, 984-996. doi: 10.1111/j.1467-8624.2006.00914.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Gauthier, I., Tarr, M. J., Anderson, A. W., Skudlarski, P., and Gore, J. C. (1999). L’attivazione dell’area fusiforme media “face area” aumenta con l’esperienza nel riconoscimento di nuovi oggetti. Nat. Neurosci. 2, 568-573. doi: 10.1038/9224

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Goren, C. C., Sarty, M., and Wu, P. Y. K. (1975). Discriminazione visiva e di pattern di stimoli facciali da parte di neonati. Pediatrics 56, 544-549.

PubMed Abstract | Google Scholar

Halit, H., de Haan, M., and Johnson, M. H. (2003). Specializzazione corticale per l’elaborazione dei volti: componenti potenziali evento-correlati sensibili ai volti in neonati di 3 e 12 mesi. Neuroimage 19, 1180-1193. doi: 10.1016/S1053-8119(03)00076-4

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Haxby, J., Hoffman, E. A., e Gobbini, M. I. (2002). Sistemi neurali umani per il riconoscimento dei volti e la comunicazione sociale. Biol. Psych. 51, 59-67. doi: 10.1016/S0006-3223(01)01330-0

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Haxby, J. V., e Gobbini, M. I. (2011). “Distributed neural systems for face perception,” in Handbook of Face Perception, eds A. Calder, G. Rhodes, M. H. Johnson, and J. Haxby (New York, NY: Oxford University Press), 93-110.

Google Scholar

Haxby, J. V., Hoffman, E. A., and Gobbini, M. I. (2000). Il sistema neurale umano distribuito per la percezione dei volti. Trends Cogn. Sci. 4, 223-233. doi: 10.1016/S1364-6613(00)01482-0

CrossRef Full Text | Google Scholar

Heron-Delaney, M., Wirth, S., e Pascalis, O. (2011). Conoscenza dei neonati della propria specie. Philos. Trans. R. Soc. Lond. B Biol. Sci. 366, 1753-1763. doi: 10.1098/rstb.2010.0371

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Hoel, S., e Peykarjou, S. (2012). Lo sviluppo precoce di elaborazione volto – che cosa rende le facce speciali? Neurosci. Bull. 28, 765-788. doi: 10.1007/s12264-012-1280-0

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Hole, G. (1994). Fattori configurazionali nella percezione di facce non familiari. Perception 23, 65-74. doi: 10.1068/p230065

CrossRef Full Text | Google Scholar

Johnson, M. H. (2000). Sviluppo funzionale del cervello nei neonati: elementi di un quadro di specializzazione interattiva. Child Dev. 71, 75-81. doi: 10.1111/1467-8624.00120

CrossRef Full Text | Google Scholar

Johnson, M. H. (2005). Elaborazione sottocorticale del volto. Nat. Rev. Neurosci. 6, 766-773. doi: 10.1038/nrn1766

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Johnson, M. H., and de Haan, M. (2001). “Lo sviluppo della specializzazione corticale per la funzione visiva-cognitiva: il caso del riconoscimento dei volti”, in Mechanisms of Cognitive Development: Behavioral and Neural Perspectives, eds J. L. McClelland and R. Siegler (New Jersey, NJ: Lawrence Erlbaum Publishers), 253-270.

Google Scholar

Johnson, M. H., and Morton, J. (1991). Biologia e sviluppo cognitivo: The Case of Face Recognition. Oxford: Basil Blackwell.

Google Scholar

Johnson, M. H., Senju, A., and Tomalski, P. (2015). La teoria a due processi dell’elaborazione dei volti: modifiche basate su due decenni di dati da neonati e adulti. Neurosci. Biobehav. Rev. 50, 169-179. doi: 10.1016/j.neubiorev.2014.10.009

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Kanwisher, N. (2000). Dominio specificità nella percezione del volto. Nat. Neurosci. 3, 759-763.

PubMed Abstract | Google Scholar

Kanwisher, N. (2010). Specificità funzionale nel cervello umano: una finestra nell’architettura funzionale della mente. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 107, 11163-11170. doi: 10.1073/pnas.1005062107

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Kato, M., e Konishi, Y. (2013). Dove e come i neonati guardare: lo sviluppo di percorsi di scansione e fissazioni nella percezione del viso. Infant Behav. Dev. 36, 32-41. doi: 10.1016/j.infbeh.2012.10.005

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Kemp, R., Pike, G., White, P., e Musselman, A. (1996). Percezione e riconoscimento di facce normali e negative: il ruolo della forma da ombreggiatura e pigmentazione cues. Perception 25, 37-52. doi: 10.1068/p250037

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Kelly, D. J., Slater, A. M., Lee, K., Gibson, A., Smith, M., Ge, L., et al. (2005). I bambini di tre mesi, ma non i neonati, preferiscono i volti della propria razza. Dev. Sci. 8, F31-F36. doi: 10.1111/j.1467-7687.2005.0434a.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Le Grand, R., Mondloch, C. J., Maurer, D., and Brent, H. P. (2003). L’elaborazione esperta dei volti richiede un input visivo all’emisfero destro durante l’infanzia. Nat. Neurosci. 6, 1108-1112. doi: 10.1038/nn1121

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Liu, S., Quinn, P. C., Wheeler, A., Xiao, N., Ge, L., e Lee, K. (2011). Somiglianza e differenza nell’elaborazione di facce della stessa e dell’altra razza come rivelato dall’eye tracking in bambini dai 4 ai 9 mesi. J. Exp. Bambino Psychol. 108, 180-189. doi: 10.1016/j.jecp.2010.06.008

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Macchi Cassia, V., Kuefner, D., Westerlund, A., e Nelson, C. A. (2006). Modulazione dei potenziali evento-correlati sensibili al volto da volti umani canonici e distorti: il ruolo della simmetria verticale e della disposizione delle caratteristiche up-down. J. Cogn. Neurosci. 18, 1343-1358. doi: 10.1162/jocn.2006.18.8.1343

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Macchi Cassia, V., Picozzi, M., Kuefner, D., Bricolo, E., e Turati, C. (2009). Elaborazione olistica per facce e automobili in bambini e adulti in età prescolare: evidenze dall’effetto composito. Dev. Sci. 12, 236-248. doi: 10.1111/j.1467-7687.2008.00765.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Macchi Cassia, V., Simion, F., Milani, I., and Umiltà, C. A. (2002). Dominanza delle proprietà visive globali alla nascita. J. Exp. Psychol. Gen. 4, 398-411. doi: 10.1037/0096-3445.131.3.398

CrossRef Full Text | Google Scholar

Macchi Cassia, V., Turati, C., e Simion, F. (2004). Può un bias aspecifico verso i modelli in alto spiegare la preferenza dei volti dei neonati? Psychol. Sci. 15, 379-383. doi: 10.1111/j.0956-7976.2004.00688.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Macchi Cassia, V., Valenza, E., Simion, F., and Leo, I. (2008). Congruenza come proprietà percettiva aspecifica che contribuisce alla preferenza del volto dei neonati. Bambino Dev. 79, 807-820. doi: 10.1111/j.1467-8624.2008.01160.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Malcolm, G. L., Leung, C., e Barton, J. J. S. (2004). Variazione regionale nell’effetto di inversione per i volti: effetti differenziali per la forma delle caratteristiche, la configurazione delle caratteristiche e il contorno esterno. Perception 33, 1221-1231. doi: 10.1068/p5372

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Maurer, D., Le Grand, R., and Mondloch, C. J. (2002). Le molte facce dell’elaborazione configurale. Trends Cogn. Sci. 6, 255-260. doi: 10.1016/S1364-6613(02)01903-4

CrossRef Full Text | Google Scholar

McKone, E., Kanwisher, N., and Duchaine, B. C. (2006). Può la competenza generica spiegare l’elaborazione speciale per i volti? Trends Cogn. Neurosci. 11, 8-15. doi: 10.1016/j.tics.2006.11.002

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Mondloch, C. J., Lewis, T. L., Budreau, D. R., Maurer, D., Dannemiller, J. L., Stephens, B. R., et al. Percezione del volto durante la prima infanzia. Psychol. Sci. 10, 419-422. doi: 10.1111/1467-9280.00179

CrossRef Full Text | Google Scholar

Mondloch, C. J., Pathman, T., Maurer, D., Le Grand, R., and de Schonen, S. (2007). L’effetto composito in bambini di sei anni: prove per un’elaborazione olistica del volto simile a quella degli adulti. Vis. Cogn. 15, 564-577. doi: 10.1080/13506280600859383

CrossRef Full Text | Google Scholar

Morton, J., e Johnson, M. H. (1991). CONSPEC e CONLERN: una teoria a due processi del riconoscimento facciale infantile. Psychol. Rev. 98, 164-181. doi: 10.1037/0033-295X.98.2.164

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Nakano, T., e Nakatani, K. (2014). Reti corticali per la percezione del volto in neonati di due mesi. Philos. Trans. R. Soc. B 281, 1-5. doi: 10.1098/rspb.2014.1468

CrossRef Full Text | Google Scholar

Nelson, C. A. (2001). Lo sviluppo e le basi neurali del riconoscimento dei volti. Infant Child Dev. 10, 3-18. doi: 10.1002/icd.239

CrossRef Full Text | Google Scholar

Nelson, C. A. (2003). “Lo sviluppo del riconoscimento delle facce riflette un processo aspettante e dipendente dall’esperienza,” in The Development of Face Processing in Infancy and Early Childhood: Current Perspectives, eds O. Pascalis and A. Slater (New York, NY: Nova Science Publishers), 79-88.

PubMed Abstract | Google Scholar

Otsuka, Y. (2014). Riconoscimento del volto nei neonati: una revisione del comportamento e studi spettroscopici nel vicino infrarosso. Jpn. Psychol. Res. 56, 76-90. doi: 10.1111/jpr.12024

CrossRef Full Text | Google Scholar

Otsuka, Y., Nakato, E., Kanazawa, S., Yamaguchi, M. K., Watanabe, S., e Kakigi, R. (2007). Attivazione neurale per le facce verticali e invertite nei neonati misurata dalla spettroscopia nel vicino infrarosso. Neuroimage 34, 339-406. doi: 10.1016/j.neuroimage.2006.08.013

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Palmer, S. E. (1991). “Bontà, gestalt, gruppi e garner: sottogruppi di simmetria locale come teoria della bontà figurale”, in La percezione della struttura: Essays in honor of Wendell R. Garner, eds G. R. Lockhead and J. R. Pomerantz (Washington, DC: American Psychological Association), 23-39.

Google Scholar

Pascalis, O., de Haan, M., and Nelson, C. A. (2002). L’elaborazione dei volti è specie-specifica durante il primo anno di vita? Science 296, 1321-1323. doi: 10.1126/science.1070223

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Pascalis, O., and de Schonen, S. (1994). Memoria di riconoscimento in neonati umani di 3-4 giorni. NeuroReport 5, 1721-1724. doi: 10.1097/00001756-199409080-00008

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Pascalis, O., de Schonen, S., Morton, J., Deruelle, C., e Fabre-Grenet, M. (1995). Riconoscimento del volto della madre da parte dei neonati: una replica e un’estensione. Infant Comportamento. Dev. 18, 79-85. doi: 10.1016/0163-6383(95)90009-8

CrossRef Full Text | Google Scholar

Pascalis, O., and Kelly, D. J. (2009). Le origini dell’elaborazione del volto negli esseri umani. Perspect. Psychol. Sci. 4, 200-209. doi: 10.1111/j.1745-6924.2009.01119.x

CrossRef Full Text | Google Scholar

Piepers, D. W., and Robbins, R. A. (2012). Una revisione e un chiarimento sui termini olistici, configurali e relazionali nella letteratura sulla percezione dei volti. Front. Psychol. 3:559. doi: 10.3389/fpsyg.2012.00559

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Picozzi, M., Macchi Cassia, V., Turati, C., e Vescovo, E. (2009). L’effetto dell’inversione sul riconoscimento di oggetti visivi faccia e non faccia da parte di bambini di 3-5 anni. J. Exp. Child Psychol. 102, 487-502. doi: 10.1016/j.jecp.2008.11.001

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Quinn, P. C., Uttley, L., Lee, K., Gibson, A., Smith, M., Slater, A., et al. La preferenza infantile per le facce femminili si verifica per lo stesso, ma non altre facce di razza. J. Neuropsychol. 2, 15-26. doi: 10.1348/174866407X231029

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Quinn, P. C., Yahr, J., Kuhn, A., Slater, A. M., e Pascalis, O. (2002). Rappresentazione del genere dei volti umani da parte dei neonati: una preferenza per la femmina. Perception 31, 1109-1121. doi: 10.1068/p3331

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Rhodes, G., Brake, S., e Atkinson, A. P. (1993). Cosa si perde nelle facce invertite? Cognition 47, 25-57. doi: 10.1016/0010-0277(93)90061-Y

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Riesenhuber, M., Jarudi, I., Gilad, S., and Sinha, P. (2004). L’elaborazione dei volti negli esseri umani è compatibile con un semplice modello di visione basato sulla forma. Proc. R. Soc. Lond. B 271, S448-S450. doi: 10.1098/rsbl.2004.0216

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Robbins, R., e McKone, E. (2007). Nessuna elaborazione simile al volto per gli oggetti di competenza in tre compiti comportamentali. Cognition 103, 34-79. doi: 10.1016/j.cognition.2006.02.008

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Rosa Salva, O., Farroni, T., Regolin, L., Vallortigara, G., e Johnson, M. H. (2011). L’evoluzione dell’orientamento sociale: prove da pulcini (Gallus gallus) e neonati umani. PLoS ONE 6:e18802. doi: 10.1371/journal.pone.0018802

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Rosa Salva, O., Regolin, L., e Vallortigara, G. (2012). Inversione della polarità di contrasto abolisce le preferenze spontanee per gli stimoli faccia-come in pulcini appena nati. Behav. Brain Res. 228, 133-143. doi: 10.1016/j.bbr.2011.11.025

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Rossion, B. (2013). L’illusione faccia composita: una finestra intera nella nostra comprensione della percezione olistica del viso. Vis. Cogn. 21, 139-253. doi: 10.1080/13506285.2013.772929

CrossRef Full Text | Google Scholar

Rossion, B., e Gauthier, I. (2002). Come il cervello elabora le facce verticali e invertite? Behav. Cogn. Neurosci. Rev. 1, 63-75. doi: 10.1177/1534582302001001004

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Sai, F. Z. (2005). Il ruolo della voce della madre nello sviluppo della preferenza volto della madre: prove per la percezione intermodale alla nascita. Infant Child Dev. 14, 29-50. doi: 10.1002/icd.376

CrossRef Full Text | Google Scholar

Scott, L., e Monesson, A. (2010). Esperienza-dipendente specializzazione neurale durante l’infanzia. Neuropsychologia 6, 1857-1861. doi: 10.1016/j.neuropsychologia.2010.02.008

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Scott, L. S., e Nelson, C. A. (2006). Elaborazione facciale e configurale negli adulti e nei neonati: un’indagine comportamentale ed elettrofisiologica. Perception 35, 1107-1128. doi: 10.1068/p5493

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Scott, L. S., Pascalis, O., and Nelson, C. A. (2007). Una teoria generale del dominio dello sviluppo percettivo. Curr. Dir. Psychol. Sci. 16, 197-201. doi: 10.1111/j.1467-8721.2007.00503.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Scott, L., Shannon, R. W., and Nelson, C. A. (2006). Correlati neurali dell’elaborazione del volto umano e della scimmia in neonati di 9 mesi. Infancy 10, 171-186. doi: 10.1207/s15327078in1002_4

CrossRef Full Text | Google Scholar

Simion, F., and Leo, I. (2010). “Un approccio neocostruttivista all’emergenza di un sistema di elaborazione del volto”, in Neocostruttivismo: The New Science of Cognitive Development, ed. S. P. Johnson (Oxford: Oxford University Press), 314-332.

Google Scholar

Simion, F., Macchi Cassia, V., Turati, C., and Valenza, E. (2001). Le origini della percezione dei volti: meccanismi specifici e non specifici. Infant Child Dev. 10, 59-65. doi: 10.1002/icd.247

CrossRef Full Text | Google Scholar

Simion, F., Macchi Cassia, V., Turati, C., and Valenza, E. (2003). “Non-specific perceptual biases at the origins of face processing”, in The Development of Face Processing in Infancy and Early Childhood, eds A. Slater and O. Pascalis (New York, NY: Nova Science), 13-25.

Google Scholar

Simion, F., Turati, C., Valenza, E., and Leo, I. (2006). “The emergence of cognitive specialization in infancy: the case of face preference”, in Attention and Performance XXI, Processes of Change in Brain and Cognitive Development, eds M. H. Johnson and M. Munakata (Oxford: Oxford University), 189-208.

Google Scholar

Simion, F, Valenza, E., Macchi Cassia, V., Turati, C., e Umiltà, C. A. (2002). Preferenza dei neonati per le configurazioni asimmetriche up-down. Dev. Sci. 5, 427-434. doi: 10.1111/1467-7687.00237

CrossRef Full Text | Google Scholar

Slater, A., Earle, D. C., Morison, V., and Rose, D. (1985). Preferenze di modello alla nascita e la loro interazione con le preferenze di novità indotte dall’assuefazione. J. Exp. Child Psychol. 39, 37-54. doi: 10.1016/0022-0965(85)90028-1

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Slater, A., Mattock, A., and Brown, E. (1990). Costanza di dimensioni alla nascita: risposte dei neonati alla retina e dimensioni reali. J. Exp. Child Psychol. 49, 314-322. doi: 10.1016/0022-0965(90)90061-C

CrossRef Full Text | Google Scholar

Slater, A., e Morison, V. (1985). Costanza di forma e percezione dell’inclinazione alla nascita. Perception 14, 337-344. doi: 10.1068/p140337

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Slater, A., Quinn, P. C., Kelly, D. J., Lee, K., Longmore, C. A., McDonald, P. R., et al. Il modellamento dello spazio del volto nella prima infanzia: diventare un processore nativo del volto. Child Dev. Perspect. 4, 205-211. doi: 10.1111/j.1750-8606.2010.00147.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Sprague, J. M., Berlucchi, G., and Rizzolatti, G. (1973). “Il ruolo del collicolo superiore e del pretectum nella visione e nel comportamento visivamente guidato,” in Handbook of Sensory Physiology, Vol. 7/3, ed. R. Jung (Berlino: Springer-Verlag), 27-101.

Google Scholar

Sugita, Y. (2008). Percezione del volto in scimmie allevate senza esposizione ai volti. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 105, 394-398. doi: 10.1073/pnas.0706079105

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Tanaka, J. W., and Farah, M. J. (1993). Parti e insiemi nel riconoscimento dei volti. Q. J. Exp. Psychol. Hum. 46, 225-245. doi: 10.1080/14640749308401045

CrossRef Full Text | Google Scholar

Tarr, M. J., and Gauthier, I. (2000). FFA: un’area fusiforme flessibile per l’elaborazione visiva di livello subordinato automatizzata dalla competenza. Nat. Neurosci. 3, 764-769. doi: 10.1038/77666

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Tomalski, P., Csibra, G., e Johnson, M. H. (2009). Orientamento rapido verso stimoli simili alle facce con informazioni di contrasto rilevanti per lo sguardo. Percezione 38, 569-578. doi: 10.1068/p6137

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Teunisse, J.-P., and de Gelder, B. (2003). Elaborazione del volto negli adolescenti con disturbo autistico: l’inversione e gli effetti compositi. Cervello Cogn. 52, 285-294. doi: 10.1016/S0278-2626(03)00042-3

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Turati, C. (2004). Perché i volti non sono speciali per i neonati: un conto alternativo della preferenza per i volti. Curr. Dir. Psychol. Sci. 13, 5-8. doi: 10.1111/j.0963-7214.2004.01301002.x

CrossRef Full Text | Google Scholar

Turati, C., Bulf, H., and Simion, F. (2008). Riconoscimento del volto dei neonati sui cambiamenti di punto di vista. Cognition 106, 1300-1321. doi: 10.1016/j.cognition.2007.06.005

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Turati, C., Di Giorgio, E., Bardi, L., and Simion, F. (2010). Elaborazione olistica del volto nei neonati, nei bambini di 3 mesi e negli adulti: evidenze dall’effetto composito del volto. Bambino Dev. 81, 1894-1905. doi: 10.1111/j.1467-8624.2010.01520.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Turati, C., Macchi Cassia, V., Simion, F., and Leo, I. (2006). Riconoscimento facciale dei neonati: ruolo delle caratteristiche facciali interne ed esterne. Child Dev. 77, 297-311. doi: 10.1111/j.1467-8624.2006.00871.x

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Turati, C., Sangrigoli, S., Ruel, J., and de Schonen, S. (2004). Evidenza dell’effetto di inversione della faccia in neonati di 4 mesi. Infancy 6, 275-297. doi: 10.1207/s15327078in0602_8

CrossRef Full Text | Google Scholar

Turati, C., Simion, F., e Milani, I., e Umiltà, C. (2002). La preferenza dei neonati per i volti: cosa è cruciale? Dev. Psychol. 38, 875-882. doi: 10.1037/0012-1649.38.6.875

CrossRef Full Text | Google Scholar

Tzourio-Mazoyer, N., de Schonen, S., Crivello, F., Reutter, B., Aujard, Y., e Mazoyer, B. (2002). Correlati neurali dell’elaborazione dei volti femminili da parte di neonati di 2 mesi. Neuroimage 15, 454-461. doi: 10.1006/nimg.2001.0979

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Valentine, T. (1991). Un conto unificato degli effetti di distintività, inversione e razza nel riconoscimento dei volti. Q. J. Exp. Psychol. 43, 161-204. doi: 10.1080/14640749108400966

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Valentine, T., Lewis, M. B., and Hills, P. (2015). Face-space: un concetto unificante nella ricerca sul riconoscimento dei volti. Q. J. Exp. Psychol. 1-57. doi: 10.1080/17470218.2014.990392

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Valenza, E., Simion, F., Macchi Cassia, V., e Umiltà, C. (1996). Preferenza del volto alla nascita. J. Exp. Psychol. Hum. 22, 892-903. doi: 10.1037/0096-1523.22.4.892

CrossRef Full Text | Google Scholar

Webb, S. J., and Nelson, C. A. (2001). Priming percettivo per le facce verticali e invertite nei neonati e negli adulti. J. Exp. Child Psychol. 79, 1-22. doi: 10.1006/jecp.2000.2582

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Wilkinson, N., Paikan, A., Gredeback, G., Rea, F., and Metta, G. (2014). Fissandoci in faccia? Una teoria incarnata della preferenza innata faccia. Dev. Sci. 17, 809-825. doi: 10.1111/desc.12159

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Wilmer, J. B., Germine, L., Chabris, C. F., Chatterjee, C., Williams, M., Loken, E., et al. Capacità di riconoscimento del volto umano è specifico e altamente ereditabile. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 107, 5238-5241. doi: 10.1073/pnas.0913053107

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Yin, R. K. (1969). Guardare le facce capovolte. J. Exp. Psychol. 81, 141-145. doi: 10.1037/h0027474

CrossRef Full Text | Google Scholar

Young, A. W., Hellawell, D., and Hay, D. (1987). Informazioni configurali nella percezione dei volti. Perception 16, 747-759. doi: 10.1068/p160747

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Yovel, G., and Kanwisher, N. (2004). Percezione del volto: dominio-specifico, non processo specifico. Neuron 44, 889-898. doi: 10.1016/j.neuron.2004.11.018

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Zhu, Q., Song, Y., Hu, S., Li, X., Tian, M., Zhen, Z., et al. Ereditabilità della capacità cognitiva specifica della percezione del viso. Curr. Biol. 20, 137-142. doi: 10.1016/j.cub.2009.11.067

PubMed Abstract | CrossRef Full Text | Google Scholar

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.