Pietro Perugino

Nel 1499, la corporazione del cambio (cambiavalute o banchieri) di Perugia gli chiese di decorare la loro sala delle udienze, la Sala delle Udienze del Collegio del Cambio. L’umanista Francesco Maturanzio agì come suo consulente. Questo ampio progetto, che potrebbe essere stato finito nel 1500, comprendeva la pittura della volta, mostrando i sette pianeti e i segni dello zodiaco (Perugino era responsabile dei disegni e i suoi allievi molto probabilmente dell’esecuzione), e la rappresentazione sulle pareti di due soggetti sacri: la Natività e la Trasfigurazione; inoltre, il Padre Eterno, le virtù cardinali di Giustizia, Prudenza, Temperanza e Fortezza, Catone come emblema della saggezza, e numerose figure a grandezza naturale di personaggi classici, profeti e sibille figurano nel programma. Sul pilastro centrale della sala Perugino pose il proprio ritratto in forma di busto. È probabile che Raffaello, che da ragazzo, verso il 1496, era stato messo dai suoi zii sotto la guida del Perugino, abbia dato una mano nel lavoro della volta.

Perugino fu fatto uno dei priori di Perugia nel 1501. In un’occasione Michelangelo disse in faccia al Perugino che era un pasticcione nell’arte: Vannucci intentò un’azione per diffamazione, senza successo. Messo alle strette da questa mortificante transazione, realizzò il capolavoro della Madonna e Santi per la Certosa di Pavia, ora smontato e disperso tra i musei: l’unica porzione nella Certosa è Dio Padre con i cherubini. Un’Annunciazione è scomparsa; tre pannelli, la Vergine che adora il Cristo bambino, San Michele e San Raffaele con Tobia sono tra i tesori della National Gallery di Londra. Questa fu seguita nel 1504-1507 dalla Pala dell’Annunziata per l’altare maggiore della Basilica dell’Annunziata a Firenze, in cui sostituì Filippino Lippi. L’opera fu un fallimento, essendo accusata di mancanza di innovazione. Il Perugino perse i suoi allievi; e verso il 1506 abbandonò nuovamente e definitivamente Firenze, andando a Perugia, e poi in un anno o due a Roma.

Dio Padre e angeli di Pietro Perugino sul soffitto della Stanza dell’Incendio del Borgo

Papa Giulio II aveva chiamato il Perugino per dipingere la Stanza dell’Incendio del Borgo nella Città del Vaticano; ma gli preferì presto un concorrente più giovane, Raffaello, che era stato formato dal Perugino; e Vannucci, dopo aver dipinto il soffitto con figure di Dio Padre in diverse glorie, in cinque medaglioni-soggetti, si ritirò da Roma a Perugia dal 1512. Tra le sue ultime opere, molte delle quali decadono nella ripetitiva routine di studio, una delle migliori è l’ampia pala d’altare (dipinta tra il 1512 e il 1517) della chiesa di Sant’Agostino a Perugia, anch’essa ora dispersa.

Gli ultimi affreschi del Perugino furono realizzati nella chiesa della Madonna delle Lacrime a Trevi (1521, firmato e datato), nel monastero di Sant’Agnese a Perugia, e nel 1522 per la chiesa del Castello di Fortignano. Entrambe le serie sono scomparse dai loro luoghi, la seconda è ora al Victoria and Albert Museum. Era ancora a Fontignano nel 1523 quando morì di peste. Come altre vittime della peste, fu frettolosamente sepolto in un campo non consacrato, il punto preciso ora sconosciuto.

Vasari è la fonte principale che afferma che Perugino aveva pochissima religione e dubitava apertamente dell’immortalità dell’anima. Perugino nel 1494 dipinse il proprio ritratto, ora nella Galleria degli Uffizi, e in esso introdusse un cartiglio con la scritta Timete Deum (Temi Dio: Apocalisse 14:7). Che un aperto miscredente si iscriva con Timete Deum sembra strano. Il ritratto in questione mostra un viso paffuto, con piccoli occhi scuri, un naso corto ma ben tagliato, e labbra sensuali; il collo è spesso, i capelli folti e crespi, e l’aria generale imponente. Il ritratto successivo nel Cambio di Perugia mostra lo stesso volto con tracce di anni aggiunti. Perugino morì con un considerevole patrimonio, lasciando tre figli.

Pietà, 1490 circa.

Nel 1495 firma e data una Deposizione per il convento fiorentino di Santa Chiara (Palazzo Pitti). Verso il 1496 affresca una Crocifissione, commissionata nel 1493 per Maria Maddalena de’ Pazzi, Firenze (la Crocifissione dei Pazzi). L’attribuzione a lui del quadro delle nozze di Giuseppe e la Vergine Maria (lo Sposalizio) ora nel museo di Caen, che indiscutibilmente servì come originale, in gran parte, dell’ancora più famoso Sposalizio dipinto da Raffaello nel 1504 (Brera, Milano), è ora messo in discussione, ed è assegnato a Lo Spagna. Un’opera molto più fine del Perugino fu il polittico dell’Ascensione di Cristo dipinto verso il 1496-98 per la chiesa di S. Pietro di Perugia, (Museo Municipale, Lione); le altre porzioni della stessa pala sono disperse in altre gallerie.

Nella cappella dei Disciplinati di Città della Pieve c’è un’Adorazione dei Magi, un quadrato di 6,5 m che contiene una trentina di figure a grandezza naturale; questa fu eseguita, con una celerità poco credibile, dal 1° al 25 marzo (o giù di lì) del 1505, e senza dubbio deve essere in gran parte opera degli allievi del Vannucci. Nel 1507, quando il lavoro del maestro era da anni in fase di declino e le sue prestazioni erano generalmente deboli, produsse, tuttavia, uno dei suoi migliori quadri, la Vergine tra San Girolamo e San Francesco, ora a Palazzo Penna. Nella chiesa di S. Onofrio a Firenze c’è un affresco molto lodato e molto discusso dell’Ultima Cena, un lavoro attento e blandamente corretto ma non ispirato; è stato attribuito al Perugino da alcuni intenditori, da altri a Raffaello; più probabilmente è di qualche altro allievo del maestro umbro.

Tra i suoi allievi c’erano Raffaello, sulla cui opera giovanile l’influenza del Perugino è più evidente, Pompeo Cocchi,:61 Eusebio da San Giorgio,:62 Mariano di Eusterio,:63 e Giovanni di Pietro (lo Spagna).

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